Santuario del Pilastrello - I CUSTODI - RETTORI (1771 - 1905)

 
 Come altre realtà monastiche sotto il dominio veneto nel 1652, 1654 e 1677 il santuario fu raggiunto da decreti pontifici di soppressione voluti dalla Repubblica Veneta impegnata nella guerra contro i Turchi. Non divennero, però, mai esecutivi specialmente per l'attività e la stima che gli abati olivetani riscuotevano. La chiesa, a titolo d'onore, fu aggregata alle basiliche di S. Giovanni in Laterano e di S. Maria Maggiore a Roma nel 1744. Questo fatto comportava il privilegio per i fedeli che si recavano in visita al santuario, di poter acquistare le medesime indulgenze plenarie e grazie spirituali delle basiliche romane. Negli ultimi decenni del secolo diversi interventi normativi della Serenissima furono volti a limitare le entrate economiche degli ordini religiosi e ad intervenire nella loro organizzazione interna, arrivando perfino a deciderne la chiusura. Così avvenne anche per la chiesa e il monastero dei padri Olivetani di Lendinara il 19 febbraio 1771, quando la Serenissima soppresse il monastero perché aveva meno di 15 monaci. Il monastero venne provvisoriamente affidato all'amministrazione di don Domenico Zannin di Rovigo per poi passare al demanio veneto. Fu acquistato in asta dal nobile lendinarese Francesco Leopardi che nel marzo del 1788 lo cedette alla famiglia Mischiatti. Dopo alterne vicende il Comune e la generosità del cav. Silvestro Camerini riadattarono il monastero ad «asilo di mendicità» inaugurato nel 1852. Il consiglio di Lendinara cercò di evitare la messa all'asta del santuario indirizzando una supplica al Senato veneto rivendicando il diritto di proprietà sulla chiesa e chiedendo di conservare la titolarità del culto, il mantenimento della chiesa e la restituzione delle suppellettili sacre. Il senato veneto concesse il 23 dicembre 1771 alla Comunità di Lendinara di assumere il giuspatronato laico sul Santuario e di incaricare sacerdoti secolari per adempiere agli uffici sacri. Essi presero il titolo di custodi fino al 1843 e poi di rettori per decreto del vescovo diocesano mons. Antonio Squarcina. Spiritualmente dipendevano dall'arciprete di S. Sofia.

   Dei primi tre, don Antonio Cattidon Pietro Violani don Lazzaro Picchini, non sono rimaste particolari testimonianze.

   Nel 1787 (e fino al 1822) fu nominato rettore don Giacomo Baccari di Lendinara, appartenente ad una famiglia che ebbe un ruolo importante nella storia della città sia nel campo religioso, che culturale e artistico. Benché operasse in un momento storico in cui Lendinara e il Polesine erano dominate da francesi e da austriaci e la popolazione versasse in condizioni di miseria, seppe operare per la rinascita spirituale e l'abbellimento architettonico del Tempio. Rifacendosi alla sua esperienza di abile architetto, progettò l'ampliamento della sagrestia, la totale trasformazione della cappella dell'Ascensione in modo che diventasse parallela a quella della Madonna e così si creasse un regolare transetto nella chiesa, chiamò pittori famosi come lo Sciacca e il Minozzi, dotò il campanile di un concerto di sei nuove campane, ricostruì la Cappella del Bagnoarricchendola di una fonte e vasca nuovi. A questa fervida attività unì un'attenzione e uno zelo particolari nel commemorare gli anniversari importanti nella storia della chiesa e nell'organizzare il trasporto del S. Simulacro della Vergine dalla primitiva cappella laterale sull'altare maggiore. Inoltre riuscì a riportare la chiesa al titolo di santuario. A testimonianza di questo impegno papa Pio VII lo nominò nel 1816 protonotaro apostolico e a perenne ricordo nell'atrio della cappella del Bagno si può ammirarne il busto in legno.

   Don Serafino Petrobelli, di origini lendinaresi, fu il successore di Baccari. Si fregiò del titolo di custode fino al 1843 mentre dal 1844 poté firmare come rettore, pur conservando la dipendenza da S. Sofia. Fu esemplare sacerdote nel vivificare la devozione dei fedeli verso la Madonna ed inaugurò l'oratorio votivo a Pradespin costruito in segno di ringraziamento per la scampata inondazione dell'Adige del 1837. A lui si deve l'Indice delle sante reliquie, una Descrizione delle pitture e sculture e iscrizioni marmoree esistenti nella chiesa, un inventario degli arredi sacri e una narrazione storica dell'Immagine della Vergine. Un ritratto del pittore Luigi Guarnieri immortala il suo aspetto devoto.

   Don Gaetano Baccari, nipote dell'omonimo custode, resse come rettore il santuario dal 1852 al 1870. Commissionò al pittore Giovanni Baccari 12 tele ad olio, oggi restaurate, per la Cappella del Bagno in quanto le altre erano state corrose dall'umidità del muro, restaurò l'organo e l'altare di sagrestia, rifinì la casa del rettore, commissionò il disegno della facciata del Santuario approvato dalla Commissione dell'ornato ed eseguito da Silvio Soà. A questo si aggiunga un triduo solenne nel 1855 per la proclamazione del dogma dell'Immacolata e l'introduzione della recita quotidiana del rosario dal 1861. Fu affiancato negli ultimi 10 anni da don Benedetto Fava in qualità di vice-rettore.

   Don Paolo Campioni è legato come rettore dal 1870 al 1882 a due avvenimenti in particolare: nel 1877 commemorò per la prima volta il 3° centenario della posa della prima pietra per l'erezione del Tempio mariano e l'istituzione nel 1879 (anniversario del trasporto del S. Simulacro della Vergine dal Capitello alla chiesa) dell'annuale processione delle parrocchie del territorio.

   Don Luigi Fabbris, rettore dal 1882 al 1888, già cantore stipendiato del Santuario, è ricordato per aver ottenuto con Breve papale di Leone XIII, i benefici di altare privilegiato per quelle del Bagno e, ultimo ma non meno importante, aver sottoscritto il capitolato degli obblighi inerenti al rettore verso il Santuario, l'arciprete di S. Sofia, il Comune il fabbricieri.

   Con don Leonardo Corà (1888 - 1905) si chiude la presenza dei rettori in Santuario. Fondò l'associazione degli iscritti alla Compagnia del Patrocinio di N. S. del Pilastrello (ancor oggi esistente) e organizzò il primo pellegrinaggio diocesano al santuario nel 1895 in occasione del 2° centenario dell'incoronazione del S. Simulacro.