Santuario del Pilastrello - L'ALTARE MAGGIORE

 
L'opera scultorea dell'altare maggiore venne realizzata tra il 1743 e il 1745 per iniziativa dell'abate Giacomo Maria Pietrobelli. Già dal 1740 il vescovo aveva autorizzato i nobili Natale Leopardi e Gaetano Petrobelli a raccogliere elemosine tra i fedeli per la costruzione del nuovo altare, dedicato alla Miracolosa Immagine. L'altare fu terminato nel 1745 e collocato sul lato sinistro del transetto nella cappella dedicata alla Madonna, per l'occasione arricchita di stucchi, affreschi ed ori.

   Nello stesso anno venne riposto il sacro Simulacro nella nicchia ad esso destinata. L'intera struttura venne trasportata al centro del presbiterio nel 1795 divenendo l'altare maggiore della Basilica mariana come da progetto del Baccari. Ulteriori modifiche, apportate nel 1942, optarono per un percorso spirituale alternativo più intimo ed evocativo, ricavando attorno al presbiterio un camminamento mediante due rampe di scale convergenti al cento della parete curva sulla quale è stato posto il tempietto della Gloria Marmorea, contenente il simulacro della Madonna Nera.
L'altare marmoreo si eleva su una doppia gradinata in broccatello di Verona ed è costituito da una raffinata mensa in marmo di Carrara con intarsi in rosso di Francia e rivestimento in bardiglio di Genova. Al di sopra si elevano quattro monolitiche e slanciate colonne in marmo rosso di Francia che incorniciano la nicchia e sorreggono, mediante graziosi capitelli corinzi, una cimasa ed un attico di ordine composito. Ai lati due angeli in marmo inginocchiati con in mano il turibolo nell'atto di incensare, e lo sguardo rivolto verso il centro dell'attico dove tra testine alate stanno due angioletti che sorreggono l'aureo globo, dal quale si irradiano raggi dorati sul fondo in bardiglio. In sommità un putto alato a braccia aperte, nell'atto di volare, tiene nella mano sinistra un cartiglio recante la scritta«ALTARE PRIVILEGIATO».

   Ai lati della mensa si ergono su due alte colonne due raffinate sculture in marmo raffiguranti, rispettivamente a destra L'Umiltà, che con il capo coperto e lo sguardo chino tiene una corona regale sotto il piede e stringe al petto un candido agnello, e a sinistra La Verginità, vestita con una lunga tonaca e un a clamide mentre tra le mani tiene il nodo del cingolo, che le fa aderire ai fianchi le vesti.

   La Gloria Marmorea estrapolata dall'altare ed arretrata sulla parete in fondo, non è più immediatamente visibile se non da una posizione ravvicinata, perdendo di fatto la valenza di elemento decorativo catalizzatore per il visitatore. Nella nicchia è riposta la custodia del Simulacro sorretta da un angelo inginocchiato che si staglia in primo piano sulla sinistra dal fondo in bardiglio. Dall'immagine sacra dipartono raggi marmorei dorati eseguiti in rilievo. Tra soavi cherubini e putti che emergono da viluppi di nuvole, risaltano due angeli il primo dei quali, alla destra, trattiene i bordi superiori della custodia, mentre il secondo in alto a sinistra sorregge la corona argentata. La paternità dei questa splendida opera è attribuita finora alla mano di Giovanni Marchiori, artista bellunese operante a Venezia e nella vicina Fratta Polesine, ma l'assenza di un riferimento al Marchiori nel contratto per l'esecuzione dell'opera del 1743 e di un rapporto di collaborazione con il tagliapietra Canziani rendono incerta l'attribuzione. In attesa di nuovi approfondimenti sull'argomento si propone anche Giovanni Maria Morlaiter quale probabile esecutore dell'intervento per le affinità stilistiche e le analogie con alcune sue opere.