Santuario del Pilastrello - IL RITORNO DEGLI OLIVETANO (1905)

 
Nel 1905 il Consiglio Comunale a nome della comunità, invitò la congregazione di Monte Oliveto a riprendere l'officiatura del Santuario. Dopo l'approvazione di Papa Pio X e del Padre Generale dell'ordine, i bianchi monaci ritornarono a Lendinara.

   Il primo superiore nel 1905 fu don Luigi Maria Perego. E' ricordato per aver ristrutturato la cappella del Bagno dotandola di una vasca monolitica di marmo di Carrara contornata da quattro angioletti che versano acqua e di averla abbellita con un capitello recante la statua della Madonna, opera di Carletti su progetto dell'architetto Rupolo. Dal 1921 queste opere scultoree sono state collocate nell'atrio. Riuscì ad ottenere la seconda solenne incoronazione del Simulacro della Vergine nel 1906 e cinque anni dopo l'elevazione della chiesa alla dignità di «basilica minore». Il monastero fu innalzato a «casa regolare»con tutte le prerogative connesse al ruolo di «Familia Formata» e il Perego fu nominato priore di regime.

   A questo fervore di attività si associò una profonda spiritualità che lo portò nel 1920, dopo qualche anno che aveva lasciato Lendinara, a recarsi a San Paolo in Brasile, nel quartiere degli emigrati italiani, a fondare una missione olivetana. Questa esemplare figura di monaco apostolo desiderò in punto di morte di morire ai piedi della Madonna del Pilastrello, richiesta irrealizzabile ma specchio di un sentito e amorevole legame verso la Madonna e Lendinara.
 
Don Celestino Maria Colombo, personalità riflessiva, umile e mite svolse gli studi di noviziato a Seregno dove celebrò la sua prima messa nel 1896. Fin da subito predilesse l'insegnamento del latino e della filosofia, la predicazione e l'attività in confessionale. Nel 1907 a Foligno diventa priore della comunità e parroco di Santa Maria in Campis e contemporaneamente insegnante di teologia dogmatica al seminario di Spoleto e poi a Norcia. Il 17 febbraio 1914 entra come priore a Lendinara e quando il breve del papa Benedetto XV innalza la chiesa di Lendinara ad abbazia, Celestino viene eletto primo abate con generali parole di plauso. Restaurò il Bagno, collaudò un nuovo e imponente organo, organizzò in modo egregio il centenario del miracolo della Madonna. A queste attività associò una spiritualità senza uguali che lo portò a diventare una guida spirituale per moltissimi fedeli sia nei momenti difficili della prima guerra mondiale, sia in seguito. Le sue prediche furono il lievito fecondo di vocazioni e della costituzione di dieci Case di riparazione Benedettina Eucaristica della Federazione di Ghiffa. Le grazie che l'abate ottenne costellarono tutta la sua vita fin dalla giovinezza quando miracolosamente guarì da una costituzione gracile e malaticcia che aveva messo in pericolo la sua vocazione religiosa. Morì il 24 settembre 1935 festa della Madonna della Mercede e i funerali di qualche giorno dopo videro un accorrere numerosissimo di persone.

   Il desiderio dei fedeli della Madonna del Pilastrello, fu esaudito da padre Zilianti il 24 settembre 1936 quando il corpo dell'abate Celestino Maria Colombo fu tumulato in santuario, nel coretto, a destra della navata centrale, con questa lapide «Qui nella pace dei giusti, sotto le ali materne di Maria, riposa per volontà dei confratelli e per plebiscito di popolo, la Salma dell'Abate P. Celestino Maria Colombo O.B.S. Olivetano primo della serie degli Abati rinnovellò la vita del Santuario, con la magnificenza dei restauri, con la fiamma dello zelo, con l'austerità dell'esempio».
 
Don Romualdo Maria Zilianti, abate dal 1935 al 1946, fu un uomo con altissime capacità organizzative, profonda fede e spirito di servizio. Operò in anni storicamente difficili, contrassegnati dalle imprese coloniali in Africa e dallo scoppio della seconda guerra mondiale.

   La sua presenza in Santuario fu caratterizzata da diverse e valide iniziative. Nel 1936 fece costruire il Salone del Pellegrino per dare ospitalità ai devoti e lo dedicò a  don Celestino Colombo. Inoltre organizzò il trasporto della salma del monaco in Santuario e su di lui scrisse un opuscolo. Diede alle stampe anche la prima guida storico-artistica del santuario e riprese la pubblicazione del bollettino mensile «Il Pilastrello»; ristampò il«Teoretto Mariano».

   A cento anni dal scampato pericolo dell'inondazione dell'Adige, a Pradespin, organizzò la prima uscita della statua della Madonna in questa località dove nel 1938 era eretta una nuova chiesetta adorna di una riproduzione lignea del simulacro della Madonna del Pilastrello opera dello scultore Antonio Musner della Valgardena.

   Restaurò la basilica sotto la vigilanza dell'ispettore Giuseppe Marchiori della Sovrintendenza ai Monumenti. Gli interventi interessarono il complesso architettonico e decorativo e furono eseguiti in particolare dal pittore Giuseppe Chiacigh.

   Nel settembre del 1942 organizzò una nuova solenne incoronazione della Madonna del Pilastrello per riparare all'atto sacrilego, avvenuto l'11 marzo dello stesso anno, con il quale erano stati sottratti tutti i preziosi ex voto. Non mancò di predisporre momenti e giornate di preghiera per invocare la protezione mariana, organizzò pellegrinaggi penitenziali e, seguendo le indicazioni papali, consacrò le famiglie lendinaresi al Cuore Immacolato di Maria.

   Si fece interprete delle esigenze assistenziali della comunità: costituì il gruppo«Unitalsi», per il trasporto degli ammalati in santuario.

   Lendinara gli dimostrò stima e affetto attribuendogli il titolo di «primo patriota di Lendinara» e poi di «Figlio diletto e cittadino onorario» in quanto con il suo intervento furono salvati da sicura morte diverse decine di lendinaresi rastrellati da brigate repubblichine in ritirata.

   Lasciò Lendinara, dopo la fine della guerra, per assumere l'incarico di abate generale dell'ordine olivetano, lasciando una testimonianza indelebile di profonda sensibilità pastorale, di appassionata devozione alla Beata Vergine del Pilastrello, di interprete attento delle esigenze della comunità locale dalla quale ottenne stima, affetto e riconoscenza.

   L'eredità spirituale, lo zelo e l'impegno civile furono continuati dall'opera instancabile e meritoria degli abati don Amedeo Savoi (1946-1983), don Guido Bosini (1984-1995), dal 1995 al 2000 dal rettore don Giacomo Ferrari. Dal 22 gennaio 2001 Abate è don Diego Rosa.