Santuario del Pilastrello - GLI AFFRESCHI DEL CHIACIGH

 
Anche i soffitti della chiesa furono oggetto di ripetute trasformazioni. Nel 1794 la municipalità di Lendinara affidò l'incarico all'architetto e pittore Flaminio Minozzi (1735 - 1817) della scuola bolognese, delle decorazioni pittoriche della nuova basilica. Tali affreschi furono integralmente sostituiti tra il 1895 e il 1905 da altre pitture a fresco eseguite da Giovanni Battista Baldi delle quali rimane unicamente l'affresco della cupola della crociera sinistra dedicata a S. Giovanni Battista. la superficie è suddivisa in otto settori entro i quali, come anche nei pennacchi, ci sono scene incorniciate in riquadri polilobati. L'intervento ultimo risale al 1937 quando l'abate Zilianti incarica Giuseppe Chiacigh (1895 - 1967) di eseguire la decorazione pittorica della Basilica. I lavori iniziarono nel settembre del 1938 e terminarono nel settembre del 1942.

   Il Chiacigh si ispirò ai miracoli della Vergine del Pilastrello quale iconografia degli affreschi, impegnando in alcuni casi i medesimi soggetti delle tele di Angelo Trevisani.

   Nella cupola della cappella di S. Antonio, interamente a chiaroscuro, sono rappresentate le Quattro virtù Cardinali (Giustizia, Fortezza, Prudenza, Temperanza) raffigurate alate, che si stagliano per la plasticità delle forme e per il forte contrasto dei toni dal fondo luminoso delle nicchie entro cui sono poste. Singolare è la rappresentazione in prospettiva della lanterna al centro della cupola che trasporta virtualmente l'osservatore oltre lo spazio reale della cappella verso un'ideale fonte luminosa, dalla quale discendono con leggiadria due cherubini.

   L'apparato decorativo delle navate minori sviluppa il tema degli angeli recanti simboli araldici e liturgici racchiusi entro cornici particolarmente mosse ed ornate con conchiglie, volute e putti. Particolare il pannello posto in corrispondenza della seconda volta della navata destra nel quale l'angelo ostenta i simboli episcopali del guanto e dell'anello ed immediatamente al di sotto una figura femminile rovesciata che sostiene uno stemma araldico.

   Nella volta della navata centrale due estesi pannelli ai lati riproducono a destra La liberazione della città dalla peste (1630) e La liberazione dalla peste degli animali(1748) e a sinistra Il miracolo della preservazione di Lendinara dalla rotta dell'Adige; in sommità Il Sacro Simulacro che riceve forza taumaturgica da un raggio di luce che parte dalla Vergine in gloria.

   La raffigurazione pittorica è composita: l'episodio centrale che sviluppa con forme e linee sinuose, in cui le movenze e le gestualità dei soggetti sono rallentate in quanto espressione dell'assenza della temporalità e dell'alea celestiale proprie della spiritualità divina, è tutto compresso, quasi schiacciato dall'irrompere della furia emotiva e dolorante della folla che lo circonda, agitata dal terrore e tesa «in disperate invocazioni di salvezza» (Zerbini, 1942, p. 87).
Il pannello centrale raffigura una spessa coltre di nubi densa e minacciosa all'avvicinarsi dei pannelli laterali, dove si svolgono delle scene terrene, più diradata e luminosa verso il centro dove improvvisamente si apre uno squarcio nella volta celeste dal quale appare in tutta la sua luminosità la Vergine Maria con in braccio il Bambino. All'interno dello squarcio si intravvede la luce divina i cui raggi dipartono dalla Vergine e si irradiano nell'aere, dove aleggiano evanescenti angeli e cherubini. L'allegoria è incentrata nel raggio luminoso emesso dalla mano destra di Maria che infonde forza taumaturgica al suo simulacro, il «Lendinariensium Thesaurus», mentre un angelo discende dall'alto per incoronarlo.

   Nel pannello di destra, raffigurante il miracolo della preservazione dalla peste del 1630, domina lo spirito della morte e della sofferenza umana espresso mediante il particolare del candido lenzuolo che occupa la maggior parte della scena, mentre una folla gemente arranca sotto il peso dei cadaveri.

   Nel pannello di sinistra l'irrompere del fiume Adige è rappresentato simbolicamente dalla figura mitologica di Tritone, al di sopra del quale si trova il Vescovo che affida le sorti della popolazione alla Madonna. Tutto intorno la folla attende il proprio destino sotto l'infuriare della tempesta. Il Chiacigh potenzia l'espressività dell'episodio utilizzando cromie audaci come il verde del fiume e la rossa tenda che si leva alle spalle del Vescovo.

   Nella controfacciata un gruppo di malati, sofferenti e soldati in uniforme di epoche diverse, i cui sguardi sono rivolti alla Vergine in un ultimo gesto di invocazione, sono sorretti e accompagnati spiritualmente da un olivetano, la cui candida tunica risalta nella cupità dei toni degli altri soggetti.

   Al di sopra del portale d'ingresso una lapide in marmo con angeli, opera di Graziano Spazzi, reca l'effigie di riconoscenza per la preservazione dall'inondazione del fiume Adige nel 1882.

   Gli affreschi del catino absidale e della cupola che sovrasta il presbiterio rappresentano rispettivamente la Natività della Madonna e L'incoronazione di Maria, primo e ultimo mistero mariano.

   Al centro della cupola da uno squarcio nel cielo denso di nubi appare l'immagine di Dio con in una mano la corona e nell'altra il mondo e a destra il Signore con la croce della sofferenza sulla spalla; immediatamente al di sotto, distesa su un lembo di nubi sorretto da angeli, l'immagine eterea della Vergine in attesa dell'incoronazione. Intorno aleggiano beati diversi angeli. In contemplazione, estasiati dall'immagine divina S. Benedetto, ilBeato Bernardo Tolomei e S. Francesca Romana.

   Nei pennacchi della cupola sono raffigurati i simboli dei quattro Evangelisti.

   La rappresentazione della Natività nel catino dell'abside è la più densa dal punto di vista iconografico. La scena di svolge sulla sommità di una scalea con la Trinità, posta all'interno di un'ideale lanterna, che illumina e benedice dall'alto l'evento miracoloso. L'alto basamento in bassorilievo su cui poggiano i personaggi dell'episodio principale richiama un altro simbolo legato alla Natività: il peccato di Adamo ed Eva.

   L'artista ha dipinto in chiaroscuro queste immagini per rafforzarne il significato religioso, anche con il suggestivo dettaglio del serpente che, dopo la nascita di Maria, fugge per i gradini della scala alla destra dei Padri della Chiesa (vescovi e papi) che, ai piedi della scena in venerazione estatica, contemplano  «l'apparizione in terra dell'Immacolata Infante». Ai lati e sempre in chiaroscuro, in contrasto con la vivacità dei colori delle altre raffigurazioni, i quattro profeti IsaiaOseaMichea e Sofonia annunciatori dell'evento miracoloso.